Anna Jameson (1794-1860)

Ha contribuito probabilmente più di ogni altra scrittrice ad avvicinare il pensiero del pubblico ai principi dell'arte.

Anna Brownell Jameson

Anna Brownell Murphy nasce a Dublino il 17 maggio 1794. Suo padre, Denis Brownell Murphy è un miniaturista e pittore di smalti. Quattro anni più tardi si trasferisce a Londra con la famiglia, composta dal padre, dalla seconda moglie Johanna e quattro sorelle minori.

All’età di sedici anni Anna diventa governante nella famiglia di Charles Paulet, tredicesimo marchese di Winchester. Si fidanzata con l’avvocato e poi giurista Robert Jameson, ma nel 1821 rompe il fidanzamento e accompagna in Italia i figli di una ricca famiglia inglese, in qualità di istitutrice. Durante il viaggio scrive un reportage romanzato delle sue esperienze, che ha per protagonista una giovane donna senza nome che soffre di malinconia d’amore, e lo consegna a un editore improvvisato chiedendo una chitarra come compenso delle improbabili copie vendute. L’opera pubblicata sotto anonimato nel 1826 con il titolo A Lady’s Diary ottiene invece un buon successo di pubblico, tanto che nello stesso anno viene ripubblicata dal prestigioso editore Colburn, questa volta con il titolo The Diary of an Ennuyée. Per Anna è il primo assaggio di notorietà. Il personaggio della giovane che soffre d’amore e che fa dell’Italia il luogo dove cercare, senza riuscirci, di dimenticare la sua vicenda affettiva naufragata e dove invece finisce per morire di dolore, appassiona il pubblico femminile che si rispecchia nella storia romantica della protagonista.

Per Anna l’Italia è il luogo dove ancora si può godere del pittoresco e della bellezza estetica: guardando la facciata della basilica di San Pietro e il colonnato resta colpita dalle statue che, osservate contro il cielo della sera, le sembrano tanti spiriti discesi sul mondo. Sono però le persone più che i monumenti che stimolano la curiosità della scrittrice, persone che spia di nascosto, senza essere vista. In visita al Colosseo, resta ammaliata da una scena rubata attraverso una breccia nel muro: un giovane artista, visibilmente estasiato dallo scenario che lo circonda, afferra la cartella con i fogli per disegnare, poi li getta in terra in preda alla disperazione e si abbandona a gesti e smorfie. Nella basilica di San Pietro affollata di connazionali, invece, il suo sguardo viene catturato dal volto segnato dalle intemperie di un vecchio pellegrino. Avrebbe voluto avvicinarsi e parlargli ma aveva temuto di sminuire con la parola l’effetto che quella scena pittoresca aveva provocato in lei.

La giovane protagonista del libro, proprio come Anna, sopperisce con la scrittura all’incapacità di comunicare con gli altri e permette alla scrittrice di fare del viaggio “una pittura dell’anima”. Parte della bellezza di ciò che vediamo, ci spiega la donna, risiede infatti nel nostro stesso animo.

La maschera della malinconia del resto ha una lunga tradizione nella letteratura inglese, da Milton a Byron, e Anna la sfrutta mettendola in connessione con il viaggio che diventa quindi sia esterno che interno, sia reale che metaforico.

Nel 1825 Anna Murphy cede e sposa Robert Jameson. Il matrimonio però si rivelerà infelice. Nel 1829, quando Jameson viene nominato giudice nell’isola di Dominica, si trasferisce lasciando Anna da sola in Inghilterra e lei parte nuovamente per l’Europa continentale, questa volta insieme al padre.

In questo periodo si afferma sul panorama culturale londinese con la pubblicazione di Loves of the Poets ma la vera svolta arriva tre anni dopo con la pubblicazione di Characteristics of Women: Moral, Poetical, and Historical (1832), prima opera in cui è evidente la sua capacità di pensiero originale. Attraverso un’analisi delle eroine di William Shakespeare ci consegna un sottile resoconto della virtù femminile. Questo libro, che in seguito diventerà noto come Shakespeare’s Heroines, ha un successo incredibile e viene ristampato ventotto volte solo nel corso del diciannovesimo secolo. Come scrive Anne Russell, “Le eroine di Shakespeare furono lette così ampiamente che quasi tutti gli scrittori successivi del diciannovesimo secolo che parlano dei personaggi femminili di Shakespeare menzionano il libro”.

Negli anni 30 la letteratura e l’arte tedesca iniziano a suscitando molto interesse in Inghilterra e in Irlanda e nel 1833 Anna decide quindi di visitare per la prima volta la Germania. L’insieme delle sue linee dure e i colori freddi la colpiscono e nel 1834 pubblica l’opera Visits and Sketches at Home and Abroad che racconta la sua esperienza a Monaco e include analisi di arte e letteratura. Anche questo libro raggiunge una grande popolarità e viene riconosciuto a Lady Jameson un ruolo fondamentale nell’aver fatto conoscere il pensiero e la cultura tedesca nella Gran Bretagna vittoriana.

Nel 1836, il marito la vuole con sé in Canada, dove era stato nominato alla Corte di Cancelleria. I coniugi vivevano separati già da oltre quattro anni, durante i quali Anna si era guadagnata da vivere lavorando come scrittrice. Al suo arrivo a New York Robert Jameson non c’è, è inverno e Anna si vede costretta a viaggiare da sola fino a Toronto. E inizia quindi un nuovo diario di viaggio, Winter Studies and Summer Rambles in Canada, che viene pubblicato in Gran Bretagna nel 1838. Nell’opera è evidente tutto il suo iniziale disgusto per Toronto, che descrive come “brutta e inefficiente”. Dopo otto mesi di viaggi e di scrittura nel Nord America e in Canada, ritiene ormai inutile prolungare oltre un legame già di fatto concluso e che la tiene lontana dagli affetti familiari e da ogni opportunità per una donna della sua classe ed educazione, e ottiene la separazione dal marito. Prima di ripartire però intraprende un viaggio nelle profondità degli insediamenti indiani in Canada, esplora il Lago Huron e viene a contatto con la vita degli emigranti e degli indigeni, sconosciuta ai viaggiatori coloniali. Torna in Gran Bretagna nel 1838.

In questo periodo Anna inizia a prendere appunti sulle principali collezioni d’arte private a Londra e nei dintorni e dalla necessità di documentarsi per uno studio sull’iconologia artistica e la letteratura dei santi nasce l’idea di un nuovo viaggio in Italia. Il pretesto le viene fornito da Robert ed Elizabeth Barrett Browing che le chiedono di scortarli come tuttofare da Parigi a Pisa. Già durante il suo primo viaggio italiano era riuscita a ricavarsi del tempo per visitare chiese, gallerie e studi privati, prendendo appunti sui capolavori pittorici. Ma è a questo periodo che risale il suo impegno volto a promuovere una nuova interpretazione e rivalutazione dell’arte italiana del trecento e del quattrocento nel movimento culturale britannico e la manifestazione di un esplicito disgusto per il realismo carnale dell’arte del tardo Rinascimento e barocca. Per Anna infatti il fine ultimo della pittura è quello di piacere e non inorridire l’animo con la vista delle ferite aperte, del sangue che sgorga, e della barbarie umana. Un altro principio che guida le sue valutazioni è quello secondo cui le opere d’arte debbano essere interpretate attraverso la biografia dell’artiste. Un pittore dalla dubbia condotta morale non potrà mai realizzare dipinti paragonabili a quelli dei più nobili maestri e come esempio di perfetta unione tra persona e opere cita Raffaello.

Su richiesta dell’editore John Murray si dedica alla redazione dei cataloghi delle raccolte d’arte pubbliche e private britanniche. Il risultato è la pubblicazione di A Handbook to the Public Galleries of Art in and near London (1842) opera che, a detta della stessa Anna, non si rivolge agli intenditori d’arte ma vuole avere il fine di educare e formare il gusto della gente comune. Il libro riscuote un tale successo che nel 1844 appare un seguito, Companion to the Most Celebrated Private Galleries of London.

Nel frattempo traccia una serie di profili dei pittori italiani del Quattrocento sul Penny Magazine, la serie viene poi ripubblicata come libro nel 1845 con il titolo di Memoirs of the Early Italian Painters.

Già dal 1842 aveva anche iniziato a lavorare su quella che diventerà la sua opera storico-artistica più importante: la serie The Poetry of Sacred and Legendary Art (1848). Pubblicata in due volumi, poi diventati sei, è una trattazione sistematica dell’iconografia cristiana. I singoli personaggi (vergini, martiri e santi) sono descritti attraverso le diverse storie di sofferenze ed eroismo correlate ai loro nomi. La sua prosa spassionata mostra il distacco dello storico piuttosto che il punto di vista del critico.

La serie diventa così popolare che alla morte della scrittrice, avvenuta nel 1860, il New York Times afferma che “ha contribuito probabilmente più di ogni altro scrittore ad avvicinare il pensiero del pubblico ai principi dell’arte”. E ancora, nell’enciclopedia sulle conquiste femminili del 1902 William King scrive: “Come scrittrice su questioni di arte e gusto, la signora Jameson probabilmente ha superato tutte le altre scrittrici e sulla letteratura riguardante l’arte in molti le concedono di stare accanto a Ruskin”.