Anne Marie Du Boccage (1710-1802)
L’apripista della narrativa da viaggio, Voltaire scrisse di aver conosciuto Roma proprio grazie a lei.
Anne Marie La Page – Fiquet Du Boccage, è stata la prima donna a inaugurare il Grand Tour al femminile, infrangendo la consuetudine che confinava le donne tra le mura di casa, assegnando loro l’espletamento della mansioni domestiche e la cura dei figli.
Scrittrice, drammaturga, poetessa francese, visse nel periodo 1710 – 1802. Nata a Rouen in una famiglia alto borghese ancora bambina si appassiona allo studio. Tuttavia si accorge ben presto che istruzione e doveri femminili non sono facilmente compatibili e a soli diciassette anni sposa Joseph Fiquet Du Boccage, giovane rampollo dell’alta borghesia, e con lui si trasferisce a Parigi dove prosegue i suoi studi e comincia a scrivere.
Nel 1748 pubblica Le Paradis Terrestre, un’opera ispirata al Paradiso perduto di Milton che ottiene un notevole successo ed è tradotto anche in inglese. L’anno successivo affronta la scrittura per il teatro e si dedica alla composizione di una tragedia Les Amazones, testo quantomeno originale per il tema scelto e per la conclusione che mostra le amazzoni vittoriose e pronte alla conquista del mondo. Qualche anno dopo, l’autrice si cimenta nella composizione di un poema, La Colombiade, in cui racconta la scoperta dell’America.
Nel 1750, sull’onda della nascente anglofilia diffusasi anche in Francia, insieme al marito attraversa la Manica e raggiunge Londra. Qui entra in contatto con l’alta società londinese e con Elizabeth Montagu, fondatrice del Bluestocking Circle, una cerchia di donne colte con una spiccata curiosità intellettuale e un interesse per la letteratura con sui stabilirà una copiosa corrispondenza.
Anne-Marie Du Boccage, è dunque una personalità di spicco della scena letteraria francese del suo tempo, che percorre fino in fondo la strada di affrancazione delle donne da preconcetti e pregiudizi circa la loro inadeguatezza al viaggio e alla scrittura, già tracciata da Lady Montagu, e l’arricchisce di particolari e sentimenti. L’Europa del Settecento, oltre ad essere la terra della nascita e dello sviluppo della scienza moderna che ‘illumina’ la ragione, è anche la riva da cui giovani aristocratici, seguendo le orme dei grandi esploratori del Seicento, salpano alla scoperta del nuovo. Così il Grand Tour – termine coniato nel 1670 da Richard Lassels in The Voyage of Italy ad indicare l’usanza dell’élite europea di girare il continente a compimento del percorso educativo – è già nel Settecento una tradizione riservata a pochi privilegiati.
Ancor meno potevano essere le privilegiate, soggette agli impedimenti di natura ideologica che relegava le donne nelle mura di casa, come oggetti statici e le considerava incapaci di affrontare le difficoltà di un lungo viaggio in carrozza, poco confortevole e soggetta a possibili attacchi di varia natura, in contrapposizione all’uomo, connotato invece da movimento e intraprendenza di cui Ulisse e Penelope offrono la controfigura mitologica.
Finalmente, nel 1757, Anne Marie riesce a realizzare il suo sogno di visitare l’Italia pur con un inizio che ne avrebbe sconsigliato di proseguire. Sale in carrozza con il marito diretti in Italia e appena fuori Parigi furono investiti da una violenta tempesta di neve che manda in frantumi una ruota della carrozza che era stata garantita per mille miglia, e sono costretti a fermarsi. In tempi antichi gli àuguri avrebbero consigliato di tornare indietro, ma quella era l’epoca filosofica della ragione e della sorte non della superstizione e pertanto consigliava di andare avanti e Anne Marie ne era una fervida rappresentante.
Le prime tappe sono nelle città del Nord: Torino, Milano, Brescia, Verona, Vicenza e finalmente Venezia, dove i coniugi Du Boccage incontrano Goldoni, Gozzi (la cui moglie Luisa Bergalli aveva tradotto in italiano Les Amazones) e persino Lady Mary Montagu. Dopo tre settimane, i Du Boccage si rimettono in viaggio e a Bologna Anne-Marie viene insignita del titolo di Accademica, onore sino a quel momento riservato solo a altre tre donne: la fisica Laura Bassi, la matematica Gaetana Agnesi e l’erudita Faustina Pignatelli principessa di Colubrano. E poi, facendo tappa nelle città d’arte del centro Italia, raggiungono Roma, dove si fermano ben dieci mesi durante i quali si spingono sino a Napoli. A quel punto avrebbero dovuto tornare in Francia, ma la stagione autunnale era ormai troppo avanzata per permettere in sicurezza la traversata delle Alpi; così il viaggio si prolunga per altri mesi, sino alla primavera successiva.
Il viaggio, che come consuetudine veniva annotato in diari, fu descritto nelle “Letters”, pubblicato diversi anni dopo. La prima edizione dell’opera, divisa in tre parti, rispettivamente dedicate a Inghilterra, Olanda e Italia, esce nel 1764 e comprende quaranta lettere tradotte in tedesco e in inglese. Non in italiano dove pure la scrittrice contava su importanti relazioni, ma testimonia l’assenza, nel “Belpaese”, del filone culturale della letteratura femminile di viaggio. Con la sua opera – presto elevata a modello del perfetto diario di viaggio – Mme Du Boccage mise in atto una duplice trasgressione. Da una parte, il superamento di quella dimensione statica a lei connaturata in quando donna, e dall’altra l’utilizzo della parola su carta, anch’esso “territorio” prettamente maschile ancora raramente esplorato da penne femminili – tra le eccezioni, Lady Mary Montagu
A distanza di un anno che l’aveva vista soggiornare nelle principali città italiane, quando è tempo di rifare i bagagli per tornare in Francia, Anne Marie coglie l’occasione per affermare il diritto di ogni donna a qualunque età a intraprendere il famoso Gran Tour che la consuetudine riservava esclusivamente ai giovani maschi dell’aristocrazia per completare la loro formazione. E per dare forza alle sue idee, Lei che a quell’epoca aveva 47 anni, ricorda Solone che partì da Atene quando era almeno cinquantenne continuando ad essere ramingo per altri due lustri, mentre nella “Repubblica” Platone aveva interdetto i viaggi nei paese stranieri alle persone che non avessero un po’ di sale in zucca e avessero compiuto 40 anni. Dimostra con valide argomentazioni come sia più proficuo percorrere le strade dei paesi stranieri nell’autunno della vita, piuttosto che nella primavera, quando le sensazioni si affievoliscono, il tempo e la prospettiva quotidiana smussano gli orizzonti in maniera inesorabile e bisogna scrollarsi di dosso la consuetudine e tenere alti la curiosità e gli interessi.
Nel corso dell’anno che la vide peregrinare in Italia, Anne Marie privilegia nei suoi racconti l’illustrazione dei costumi, la descrizione delle opere d’arte più che l’analisi topografica delle città, consapevole della relatività di ogni punto di vista. Non c’è figura italiana che più l’attrae quanto il cavalier servente o cicisbeo, ossia dell’uomo garante del buon nome e della libertà di cui gode la donna maritata italiana. A Venezia, città arcinota per la libertà dei costumi e rinomata stazione erotica per i forestieri di ogni parte d’Europa la viaggiatrice racconta degli incontri notturni di piacere delle dame veneziane la cui reputazione è garantita dal cavalier servente. Della città è attratta dall’atmosfera sempre carnevalesca di piazza San Marco.
A Roma, Anne Marie coltiva lo scopo recondito di avere l’autorizzazione del Papa a dedicargli la sua Colombiade sulla scoperta di Cristoforo Colombo del nuovo mondo. La scrittrice ottiene non solo la bramata autorizzazione dal Papa, ma Benedetto XIV incantato dalla sua avvenenza, volle accompagnare il suo benevolo consenso anche con sei medaglie d’oro, sei d’argento e una corona di diaspro sanguigno. Nella Città Eterna la “splendente matrona” come la chiama l’abate Bettinelli riceve un proluvio di omaggi, allori e attestati dalle accademie. Lei ricambia dando delle descrizioni memorabili della città, non senza smettere però di criticare la sciagurata abitudine della città di costruire il nuovo con le rovine dell’antico e denunciando la brama vorace dell’intera Europa che non smette di abbellire le proprie dimore con statue, fregi colonne, capitelli dopo secoli di scavi, traffici e ruberie. Prosegue con ironia e annota che di recente è stato promulgato un regolamento che consente l’esportazione delle ossa dei santi, ma proibisce il traffico delle statue pagane, delle pitture sacre e profane dei grandi maestri.
Madame visita tutti i luoghi antichi, le ville storiche sui colli, partecipa al carnevale romano come alle celebrazioni della settimana santa, e con intuito inusuale annota che il viaggio in Italia ha un notevole risvolto economico e che proprio per questo a Roma si organizzano spettacoli quotidiani per gli stranieri, che pur attratti dalle bellezze della città se ne allontanerebbero se non vi trovassero ben collaudati divertimenti e si augura che facciano affluire tanto denaro soprattutto gli inglesi che arrivano a frotte.
In conclusione dell’esperienza italiana, M.me Anne Marie, che amava porre sul frontespizio delle sue opere il motto “Forma Venus, Arte Minerva”, dopo una lunga dissertazione sulla bellezza e l’amore di cui era ben consapevole, nelle relazioni tra uomini e donne, con una lucidità sorprendente per l’epoca asserisce che il tenere le donne lontano dalla cosa pubblica e dagli affari come succede ovunque, le relega a un ruolo subalterno e di inferiorità.
Il viaggio e il rapporto con le altre culture la porta a riflettere su se stessa e sulla propria condizione, rivelandosi una effettiva forma di crescita. Con il vasto panorama di uomini e cose che ha incontrato, non le resta, ancora una volta, che rendere omaggio a Voltaire e al suo “saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni” scrivendo “tornando nel mio Paese dirò che gli uomini sono gli stessi nei luoghi più diversi e che solo la maschera ne segna la differenza”.