Catherine Wilmot (1773-1824)
Ha viaggiato dall’Europa alla Russia regalandoci descrizioni dettagliate e caratterizzate dalla sua pungente ironia.
Catherine Wilmot nasce a Drogheda, nella contea irlandese di Louth, nel 1773, primogenita di sei figlie e tre figli di Edward Wilmot, intendente del porto e della dogana di Drogheda e sua moglie Martha.
La famiglia si stabilisce a Glanmire, non lontano da Moore Park, sede dei conti Stephen e Margaret Mount Cashell, ai quali Catherine era legata da profonda amicizia. Margaret è una donna colta, intraprendente e indipendente, che ha avuto come governante Mary Wollstonecraft, autrice di The Rights of Women, dalla quale ha ereditato simpatie repubblicane e il totale rifiuto per ogni forma di autoritarismo.
Nel 1801 l’allora ventinovenne Catherine Wilmont, nubile e titolare di una piccola rendita personale, accetta l’invito dei conti a partire per un viaggio di due anni attraverso Francia e Italia. La donna si prende l’incarico di redigere il diario di viaggio, il cui titolo An Irish Peer on the Continent, testimonia il suo tributo al conte Mount Cashell. Scritto sotto forma di diario epistolare, le lettere sono indirizzate al fratello con il pretesto di raccontargli quello che le accade e “dove va strisciando come una lumaca”, si nota subito il tono ironico e caricaturale, privo di ogni remora, della narrazione.
Durante il viaggio il gruppo prende parte a incontri sociali con governanti, diplomatici, aristocratici, artisti, mescolandosi con rappresentanti di tutte le sfumature dell’opinione politica che vengono fissati dalla penna della scrittrice nei loro minimi particolare. Le lettere di Catherine forniscono un resoconto imparziale di tutto ciò che vede e incontra in Francia dal novembre 1801 all’ottobre 1802 e in Italia fino al luglio 1803.
Tra i primi ritratti c’è quello di Napoleone che osserva da una delle finestre delle Tuileries mentre passa in rassegna le truppe. Catherine nota che la corte Bonaparte assomiglia a quella dell’ancien régime e descrive l’uomo come basso, pallido e con una espressione severa. Dalle pagine di Catherine, oltre alla Parigi aristocratica, emerge anche la città dei vicoli angusti e malfamati, dei cabaret, dei teatrini, delle recite dei burattini, dei prestigiatori, delle prostitute, dei ladri e delle bande di malavitosi, che la donna visita insieme a Margaret Mount Cashell. L’intento è quello di stabilire un contatto con quelle realtà che vengono ignorate dagli altri viaggiatori e familiarizzare con usi e costumi della gente comune.
In Italia Catherine sembra modificare la sua scrittura, è il momento degli sterminati elenchi di opere d’arte, come a voler testimoniare la difficoltà ad orientarsi in questo luogo pieno di meraviglie. A Villa Borghese infatti si perde tra centauri, sfingi, Grazie, baccanti, Narcisi, Veneri, imperatori romani e via di seguito.
Non perde però la sua passione per le descrizioni degli usi e costumi del luogo, sempre caratterizzata dalla consueta vena caricaturale, ma questa volta in tono meno aggressivo. Troviamo, ad esempio, un’attenta analisi della figura del cicisbeo, priva di giudizi moralistici, che evidenzia le diverse funzioni che all’occorrenza può assumere: come quella di amante, di servitore, di custode, di messaggero.
Quanto a Roma, passeggiando tra le strade della città, le sembra di passare continuamente da un’epoca all’altra, dal paganesimo al cristianesimo, e le diverse epoche storiche sembrano fondersi e confondersi le une con le altre. A Napoli, invece, resta incantata dalla città tutta, con il suo caos, le chiese, i miracoli, le maschere, le città sepolte, il Vesuvio e la sua opulenza, testimoniata dalle dame dell’aristocrazia con il loro sfoggio di diamanti e ogni sorta di pietra preziosa.
Fra gli incontri importanti di questo periodo ci sono quello con la pittrice austriaca Angelica Kauffman con la quale stringe una profonda amicizia e l’udienza con Papa Pio VII.
Quando Inghilterra e Francia riprendono le ostilità, nel giugno del 1803, Catherine lascia il gruppo dai Mount Cashell in Italia e decide di unirsi alla famiglia di Mrs. Clifford, incontrata a Napoli, per viaggiare indietro attraverso la Germania, salpando da Husum, in Danimarca, dove incontra, tra gli altri compatrioti che stanno cercando di tornare a casa , le sorelle Berry. Sbarca quindi a Southwold e rientra a Londra nell’ottobre 1803. Pochi mesi dopo essere rientrata in Inghilterra per Catherine è di nuovo tempo di ripartire, questa volta con destinazione la Russia.
La famiglia le chiede infatti di riportare a casa la sorella Martha, trasferitasi con la principessa russa Ekaterina Romanovna Daskova nella sua tenuta di Troeska vicino Mosca. La principessa Daskova è una donna singolare: autorevole e possessiva, era stata una delle figure chiave del colpo di stato che aveva estromesso dal trono lo zar Pietro III, sostituito dalla moglie e sua grande amica l’imperatrice Caterina II. Era stata poi direttrice dell’Accademia delle Scienze e aveva visitato le maggiori capitali europee stabilendo contatti con le principali figure della cultura illuministica. Il ritratto che ne fa Catherine è quello di una donna che all’interno suo feudo ricopre il ruolo di medico, fabbro, magistrato, avvocato, giornalista, musicista, attore e ogni altra sorta di professione . Ekaterina introduce Catherine negli ambienti dell’aristocrazia russa, la donna però non si lascia abbagliare dall’opulenza di questo mondo e lo descrive nelle sue lettere e nei diari con il suo consueto distacco. Piuttosto è la popolazione più umile che la colpisce, con le loro lunghe barbe e le loro feste e riti religiosi. Catherine e la sorella sono le prime viaggiatrici a descrivere dal punto di vista antropologico i costumi dei contadini russi del tempo.
Catherine riparte da Mosca nel luglio 1807. Ritardata la partenza a causa di problemi con il passaporto, guerre e tempeste in mare, raggiunge finalmente Yarmouth nel settembre 1807 e torna in Irlanda nell’ottobre 1807. Alcuni anni dopo si trasferisce in Francia e si stabilisce a Moulins, per evitare il clima umido di Inghilterra e Irlanda. Quando la sua salute peggiora ulteriormente si sposta a Parigi, dove muore il 28 marzo 1824. Le sue lettere furono pubblicate solo un secolo dopo.