Elisa von der Recke (1754-1833)
Una narrazione che oscilla continuamente tra la descrizione esteriore di quello vediamo e quella interiore di ciò che sentiamo.
Elisa Charlotte Constanzia von Medem nasce il 20 maggio 1754 in Curlandia, l’attuale Lettonia, da Friedrich von Medem e Louise Dorothea von Korff.
Dopo la prematura morte della madre, la giovane viene affidata alle cure della nonna, severa e zelante religiosa, la cui prima preoccupazione è coltivare la bellezza e i modi della giovane. Riceve quindi solo una scarsa educazione dalla donna, che le proibisce perfino di leggere libri. Quando la piccola Elisa ha undici anni il padre si sposa nuovamente e la matrigna, Agnes Elisabeth von Brukken, la riporta a casa e si prende cura di lei e della sua educazione.
A diciassette anni è costretta a sposarsi con Georg Peter Magnus von der Recke, un ciambellano la cui personalità e i cui interessi si scontreranno sotto tutti gli aspetti con quelli della giovane moglie. Il matrimonio si rivela per lei intollerabile fin dall’inizio, tanto che i due si separano dopo appena 5 anni e nel 1781 finalmente divorziano definitivamente. Ma è qui, vivendo isolata dagli amici e dalla famiglia nel castello del marito, che Elisa scopre per la prima volta gli scritti di Christoph Martin Wieland e Christian Fürchtegott Gellert.
Una serie di morti premature, tra cui quelle del fratello, del figlio e di un caro amico amplificano la sua naturale propensione verso il mondo mistico-religioso-sentimentale e la rendono vulnerabile alle astuzie dello spiritista Alessandro Cagliostro. La giovane viene quindi sedotta, non solo spiritualmente, dal famoso mago, che si approfittato della sua ingenuità e della sua appassionata propensione al misticismo. Una volta liberatasi dalla sua schiavitù psicologica Elisa denuncerà pubblicamente l’impostore in un lucido pamphlet pubblicato nel 1787 con il titolo Notizie del soggiorno del famigerato Cagliostro a Mitau nel 1779 e delle sue operazioni magiche ( Nachricht von des berüchtigten Cagliostro Aufenthalt in Mitau im Jahre 1779 und dessen magischen Operationen). Memoriale-esposizione dei mesi in cui studiò magia con il “Conte” Alessandro di Cagliostro, nel libro Elisa racconta senza veli le avances amorose dell’uomo nei suoi confronti e ne svela i sortilegi, gli inganni e le attività fraudolente con lo scopo di distruggerne l’immagine e mettere in guardia uomini e donne dalle sue ignobili astuzie. L’opera ha una grande risonanza in tutta l’Europa colta, soprattutto tra le menti più aperte dell’età dei Lumi, perché, al di là del fatto specifico in esso denunciato, diventa un atto di accusa nei confronti della dilagante follia del soprannaturale. Addirittura Caterina la Grande, come segno di riconoscimento, dona ad Elisa i proventi di alcune terre in Russia, rendendola di fatto finanziariamente indipendente.
Dal 1804 al 1806 in compagnia del poeta Christoph August Tiedge compie un lungo viaggio attraverso la Germania e l’Italia. Il suo interesse e la sua partecipazione agli avvenimenti storico-politici che stavano sconvolgendo l’Europa, la curiosità e l’acuto spirito di osservazione fanno dei suoi diari di viaggio un documento di notevole rilevanza per una lettura sociale, politica e antropologica, oltre che paesaggistica, dei luoghi che attraversa. Ne scaturisce un itinerante breviario sentimentale sotto forma di giornale, scandito in luoghi, giornate e ore, che ha come destinatario ideale le donne, le uniche dotate nell’animo di un sentimento di profondo rispetto per l’antichità. L’opera di ispirazione illuministica recupera però una propensione verso l’ascolto delle emozioni che spinge l’uomo verso una maggiore comprensione dell’altro e apre i cuori agli umili e ai semplice.
Questo atteggiamento si discosta notevolmente da quello degli altri viaggiatori del Grand Tour, soprattutto britannici, che guardano sprezzanti la gente del luogo. A tal proposito Elisa scrive: “Se si sapesse il piacere che a un povero viaggiatore sballottato dalle strade sconnesse procura un volto aperto e premuroso, penso che ne faremmo più spesso la conoscenza”.
La narrazione di Elisa oscilla continuamente tra la descrizione dei luoghi, dei monumenti e dei costumi degli uomini e quella interiore di chi viaggia, con le proprie emozioni e stati d’animo. Mentre vaga per Roma e osserva le antiche rovine, le colonne, i marmi si chiede come sia possibile che esercitino sull’animo umano una tale influenza che sarebbe possibile continuare a camminare per ore e ore quasi in preda a un misterioso incantamento. E ancora, nella maestosità del Colosseo, a quel tempo interamente coperto di un manto di piante parassitarie, scorge l’onnipotenza della natura che si appropria, divorandole, delle creazioni dell’uomo. In altri momenti a caratterizzare la scena è la curiosità scaturita da un fenomeno naturale, come un uragano che sorprende la viaggiatrice nei pressi di Ariccia e che viene descritto attraverso gli effetti che provoca nei diversi sensi: “la vista accecata dai lampi, l’udito frastornato dai tuoni e l’olfatto assediato dall’odore acre di zolfo”.
Queste riflessioni estemporanee e questi imprevisti sussulti del cuore scompongono la tradizionale impalcatura della relazione di viaggio e la componente descrittiva e didascalica del diario di stampo illuministico lascia spazio a quella soggettiva delle emozioni, quasi preromantica. Del resto per Elisa Roma è l’unico luogo dove i resti dell’antichità classica si mischiano perfettamente ai manufatti medievali e a quelli moderni e contemporanei in modo che passeggiando è possibile passare da un’epoca all’altra senza soluzione di continuità.
Pur non criticandola apertamente, Elisa non disdegna qualche frecciatina alla Chiesa. In alcune consuetudini cattoliche coglie una disumana aberrazione, come nella cerimonia alla quale assiste in una basilica romana durante la quale una ragazza di nobile famiglia si appresta a prendere il velo. La donna descrive il momento in cui la giovane entra nel sepolcro come crudele e contro natura, Dio infatti non può desiderare che le sue creature siano rinchiuse fra le mura di un convento. E aggiunge che non dovrebbe essere consentito alle donne prendere il velo prima dei quarant’anni, età in cui si ha avuto modo di fare esperienza del mondo e si è raggiunta la piena maturità.
L’opera, dal titolo Tagebuch einer Reise durch einen Theil Deutschlands und durch Italien, pubblicata a Berlino nel 1815-17 , riscuote un grande successo.
Elisa von der Recke continuerà a viaggiare in tutta Europa per il resto della sua vita, soprattutto per incontrare i grandi intellettuali, teologi e filosi dell’epoca tra i quali Immanuel Kant , Johann Wolfgang von Goethe e Friedrich Schiller, con i quali manterrà stretti contatti anche attraverso una corrispondenza a lungo termine.
Dal 1798 si stabilisce quasi esclusivamente a Dresda, dove è sepolta nell’Inner Neustädter Friedhof accanto al suo amico di lunga data Christoph August Tiedgedal.