Mary Berry (1763-1852)

Perfino Horace Walpole si era arreso volontariamente agli incatesimi delle sorelle Berry tanto da definirle le sue “mogli gemelle”.

Mary BerryMary Berry nasce a Kirkbridge, nel North Yoskshire, il 16 marzo 1763, seguita 14 mesi dopo dalla sorella Agnes. Il padre Robert Berry è un mercante di origini scozzesi che ha sposato una lontana cugina, Elizabeth Seaton.

Dopo la morte della madre le bambine, che non avevano titoli nobiliari o ricchezze, vengono affidate alla nonna e vanno a vivere ad Askham, nello Yorkshire, senza ricevere una vera e propria educazione.
Nel 1779 Mary viene chiesta in sposa da un certo signor Bowman ma lo rifiuta. Anni dopo avrebbe scritto che “avevo sofferto come soffrono le persone a 16 anni e aveva deciso di non sposarlo…”. Il viaggio che intraprenderà di lì a poco la distrarrà presto dalle sue pene d’amore. Non si sposerà mai, benché si presentino altre occasioni.
Solo quando muore zio Ferguson, ricco mercante che aveva preso Robert e il fratello William sotto la sua protezione, la famiglia riceve una modesta eredità che consente a Mary e Agnes di essere educate adeguatamente ma soprattutto di viaggiare. È lo stesso Robert ad accompagnare le figlie, portandole nei Paesi Bassi, in Belgio, in Svizzera, in Francia e in Italia, seguendo il percorso classico del Grand Tour che ogni giovane rampollo, maschio, dell’epoca compiva per perfezionare la sua educazione prima di trovare il proprio posto nella società. Per Mary il viaggio rappresenta tutto, lo scopo principale della vita. A differenza di altre aristocratiche inglesi però, le cui menti non sono sufficientemente aperte e che affrontano il viaggio nel continente per puro piacere, spinte da una consuetudine alla moda, Mary è consapevole dell’aspetto formativo che il viaggio può offrire, sia nel confronto con altri modi di pensare e vivere, sia come modo per mettersi alla prova e crescere interiormente.
È durante questi viaggi, e precisamente a Firenze nel 1783, che inizia a scrivere un diario e le moltissime lettere, poi raccolte nel volume Journals and Correspondence, che sarà ultimato solo 70 anni dopo. Il viaggio in Italia inizia proprio quell’anno, nel mese di Ottobre, e prosegue fino a Giugno del 1784.
Mary ha assunto il ruolo di madre di famiglia, è lei a prendere le decisioni e a occuparsi di tutto, dalla logistica del viaggio alle interazioni con le persone, che dipinge sempre con grande curiosità nei suoi taccuini. La prima tappa è Torino, poi si dirige a Genova, prosegue verso Piacenza e Parma, dove ammira le chiese e le opere di Correggio, poi Modena e Bologna. Quindi volge la carrozza verso la Toscana, a Siena, dove è colpita dalla bellezza dell’architettura ma trova la città in pessimo stato, sporca e trascurata, perciò prosegue più a sud, sfiora il lago di Bolsena, visita Viterbo e giunge finalmente a Roma. San Pietro la lascia a bocca aperta e riesce anche ad assistere alla messa celebrata dal papa. La chiesa addobbata e l’atmosfera del rito la incantano tanto da dedicare a questo evento parecchie pagine del suo diario. La sorprende anche la grandezza del Colosseo mentre la cappella Sistina la lascia completamente senza parole. Questo primo viaggio restituisce all’occhio attento di Mary e sua sorella l’immagine di un’Italia frammentata e piena di contraddizioni ma capace ugualmente di affascinare il viaggiatore con la sua eredità storica, i suoi meravigliosi paesaggi, gli scorci pittoreschi. La scrittrice passa dal narrarci le difficoltà nell’attraversare un fiume con barche sudicie e guidate da barcaioli inetti a descrivere la sensazione quasi di mancamento che la bellezza di luoghi come Villa Borghese, con le sue statue, i mosaici , i marmi, i dipinti e ogni tipo di meraviglia antica e moderna, è in grado di provocare.
L’insolito Grand Tour di un padre con le due figlie ventenni si conclude nel 1786 con il rientro in Inghilterra dopo aver attraversato la Francia. Un viaggio lunghissimo che le porta a conoscere numerosi personaggi, tutti presenti nei racconti di Mary. Proprio in Italia Mary incontra il generale Charles O’Hara con cui si fidanzerà poco prima che lui parta per Gibilterra dov’è governatore. Mary non se la sente di sposarlo e partire immediatamente e la distanza determina la fine della relazione.
Questo viaggio è per Mary una esperienza unica, il cui ricordo la accompagnerà durante tutta la sua esistenza. Un preludio ai viaggi che sarebbero seguiti, nel 1790-91 e poi ancora nel 1816-18, dove ai mezzi di fortuna e alle stanze maleodoranti si sarebbero sostituiti eleganti carrozze e la frequentazione dei salotti più esclusivi e che hanno per protagonista una donna diversa, più sofisticata nei modi e vestita in modo elegante, più consapevole e sicura di sé e ben introdotta nel mondo della aristocrazia europea.
Nel 1788 infatti, a un ricevimento, Mary e Agnes conoscono Horace Walpole, autore del capostipite del romanzo gotico, Il castello di Otranto. Lui ha già 70 anni e con le ragazze intreccia un rapporto d’amicizia profondo e duraturo. Intessono una fitta corrispondenza, lui dichiara di essersi “arreso volontariamente ai loro incantesimi” sin dal primo momento e più avanti le definisce le sue “mogli gemelle”. Si spinge addirittura a scrivere dei libri esclusivamente per loro come le Reminiscences of the Courts of George I and II. Le ospita a lungo a Teddington nel 1789 e due anni dopo le persuade a trasferirsi in un piccolo cottage nella sua tenuta di Little Strawberry Hill dove resteranno per anni. Alla sua morte lascia loro in eredità la casa, una somma di denaro e soprattutto tutti i suoi manoscritti che Mary cura e pubblica un anno dopo. Questo incontro è la svolta cruciale della loro vita. Il rapporto con Walpole completa e perfeziona la formazione culturale delle sorelle e consente loro di entrare negli ambienti più esclusivi delle capitali europee. Nei loro viaggi, sotto la costante protezione del loro mentore, vengono a contatto con i personaggi politici, ecclesiastici e culturali più influenti e trovano accoglienza nei salotti più elitari, nelle ambasciate, nelle corti. Mary prende nota accuratamente di tutti questi incontri nei propri diari, con un atteggiamento compiaciuto e distaccato allo stesso tempo. Si coglie in questo la spigliatezza di chi è abituato a viaggiare e a venire a contatto con ambienti a culture diverse e la sicurezza di chi può contare su solidi rapporti.
In città frequenta la buona società, visita i palazzi nobiliari, va a teatro, passeggia a Villa Borghese e viene presentata a diverse personalità, tra cui il pontefice in persona. La vediamo interessata a scavi archeologici, scoperte scientifiche, raccolte d’arte, sempre in compagnia di musicisti, uomini di scienza, artisti tra cui spiccano tra gli altri lo scultore danese Thorvaldsen, verso i cui lavori Mary esprime giudizi di perspicace franchezza e autonomia critica, e Antonio Canova, con il quale la donna stringe una duratura amicizia. È proprio Canova a fare da cicerone alle sorelle Berry, accompagnandole nei luoghi più caratteristici di Roma: al Campidoglio, al Colosseo, al Pantheon…
Nel 1802 per Mary è tempo di ripartire alla volta della Francia. Durante il soggiorno parigino viene presentata a Napoleone a palazzo delle Tuileries. Lo stesso anno visita nuovamente la Svizzera e in seguito la Germania rientrando in Inghilterra nel 1803.
L’ultimo viaggio in Italia ha luogo dal 1820 al 1823. La curiosità di Mary nei confronti di tutto ciò che la circonda è sempre viva ma, complice soprattutto il suo ritorno a Roma dopo un’assenza di trentasei anni, si fa anche spazio il desiderio di formulare un bilancio della propria esistenza e una riflessione su quanto le offre la vita. Sono i tempi della repressione austriaca dei moti insurrezionali napoletani e mentre si trova a Roma a febbraio 1821 in pieno carnevale a Mary non sfugge lo stridente contrasto tra le condizioni penose delle donne al seguito dell’esercito austriaco e gli spettatori esagitati, curiosi, rumorosi, nelle loro maschere di carnevale, giunti in carrozza a ponta Milvio ad assistere ai bivacchi dell’esercito: uno dei più futili divertimenti dell’uomo messo a confronto con una fra le sue occupazioni più serie.