Musei Vaticani

I Musei Vaticani furono costituti dal Papa Giulio II della Rovere, tra i più celebri Papi del Rinascimento, negli anni del suo Pontificato 1503-1513, nell’ambito della grande ristrutturazione del Palazzo Apostolico adiacente alla Basilica, commissionato a Donato Bramante.

Cappella SistinaI Musei furono realizzati per custodire le immense collezioni della Chiesa romana e per avere un luogo simbolo in cui pellegrini e visitatori potessero ammirarle.

I Musei Vaticani, giustamente chiamati al plurale, sono in realtà un insieme di musei e collezioni. Attualmente comprendono: 12 musei distinti per collezioni, diverse Gallerie e gli ambienti visitabili dei palazzi Vaticani.

Tra le più grandi Collezioni di opere d’arte al mondo accumulate nei secoli, i Musei Vaticani hanno rappresentato e rappresentano una destinazione fondamentale e una grande attrazione di Roma nei secoli.

 

 

Le Logge di Raffaello

Progettate dal Bramante, le Logge di Palazzo Vaticano rappresentano il vertice della pittura raffaellesca, grazie ad una plasticità formale e ad una policromia senza pari. Esse erano il sancta sanctorum del potere papale, accessibili solo al pontefice e ai suoi collaboratori più stretti, necessitavano dunque di uno stile particolare, capace di colpire e stimolare gli intelletti più fini della corte romana.

Pensata come un portico monumentale, modellato su quelli dell’antichità, esposto all’aria e alla luce, con vista panoramica sulla città, la struttura architettonica delle stanze rappresentava per l’artista che doveva dipingerle diverse difficoltà.
Ma Raffaello se la cavò in modo superbo, anche se l’opera occupò ben due anni della sua breve vita, dal 1517 al 1519. Articolate su tredici campate e tre piani del Palazzo Apostolico, le Logge furono decorate a stucco e grottesche, affrescate con episodi del Vecchi Testamento e nell’ultima campata con scene del Nuovo Testamento, riservando alle lesene e ai pilastri una minuta decorazione a grottesca. Esse rappresentano il culmine della pittura raffaellesca.

Le stanze di Raffaello

Le “Stanze vaticane” costituivano gli appartamenti del papa Giulio II (1503-1513).
Qui avevano già operato artisti allora ben più affermati di lui come il Perugino, suo maestro, ma Raffaello Sanzio (1483-1520), lasciato libero dal papa Giulio II di condurre a suo piacimento gli affreschi, cancellò quanto eseguito.

In ordine cronologico le Stanze sono: Stanza della Segnatura 1508-1511, Stanza di Eliodoro 1511-1514, Stanza dell’Incendio di Borgo 1514-1517, Sala di Costantino 1517-1524.
La Sala di Costantino fu in gran parte realizzata dagli allievi di Raffaello, essendo il maestro morto all’improvviso il 6 aprile del 1520.

In tutte le Stanze furono moltissimi gli artisti rinascimentali che hanno contribuito all’immenso lascito, da Pinturicchio al Perugino a Giulio Romano, solo per citare i più noti.

La “Stanza della Segnatura” è la prima dipinta da Raffaello in cui campeggia la “Scuola di Atene”. Sullo sfondo di un’architettura antica, simbolo probabilmente del nuovo San Pietro bramantesco, si trovano: al centro, Platone, con le sembianze di Leonardo, che punta il dito al cielo alludendo al mondo delle idee e Aristotele, che, volgendo il palmo della mano verso terra, indica, al contrario, il principio razionalista della sua filosofia. I due grandi protagonisti del pensiero antico sono attorniati da una moltitudine di filosofi con le sembianze di uomini del tempo, tra cui in primo piano Eraclito (Michelangelo), Euclide (Bramante) che disegna sulla lavagna una figura geometrica, Diogene quasi sdraiato sulle gradinate, Tolomeo e Zoroastro con in mano rispettivamente il globo e la sfera celeste. Il secondo personaggio a destra con il berretto verde è l’autoritratto di Raffaello. Nel “Parnaso” sono rappresentati Apollo, circondato dalle muse, e famosi poeti e letterati. Si riconoscono, tra gli altri, sulla sinistra Omero che volge il volto al cielo e Dante, ritratto di profilo.

Cappella Sistina

La Cappella Sistina prende il nome da Papa Sisto IV della Rovere (pontefice dal 1471 al 1484) che fece ristrutturare l’antica Cappella Magna negli anni del suo pontificato. La decorazione quattrocentesca delle pareti comprende i finti tendaggi e le Storie di Mosè.

Giulio II della Rovere (pontefice dal 1503 al 1513), nipote di Sisto IV, decise di modificarne in parte la decorazione, affidando nel 1508 l’incarico a Michelangelo Buonarroti.

Michelangelo dipinse la volta della Cappella e sulla parte alta delle pareti le lunette. La realizzazione dell’opera durò circa quattro anni, così che nell’ottobre 1512 Giulio II inaugurò la Sistina completamente affrescata con una messa solenne. Nei nove riquadri centrali Michelangelo aveva raffigurate le storie della Genesi, dalla Creazione alla Caduta dell’uomo, al Diluvio universale e al successivo rinascere dell’umanità con la famiglia di Noè.

Gli affreschi del Giudizio Universale furono restaurati in data recente nei primi anni del 1990. Nell’Omelia di benedizione, dell’ 8 aprile 1994 Papa Giovanni Paolo II pose l’accento sulla sacralità del luogo affermando che “Gli affreschi che qui contempliamo ci introducono nel mondo dei contenuti della Rivelazione. Le verità della nostra fede ci parlano qui da ogni parte. Da esse il genio umano ha tratto la sua ispirazione impegnandosi a rivestirle di forme di ineguagliabile bellezza”

Apollo del Belvedere

Così chiamato poiché ornava il Cortile del Belvedere in Vaticano, è una scultura in marmo tardo ellenistica rinvenuta ad Anzio verso la fine del 1400.

L’opera alta due metri e ventiquattro centimetri, ritrae Apollo dopo aver ucciso Pitone, un drago serpente, nato dal fango del Diluvio Universale, che insidiava l’oracolo di Delfi.

Il dio degli oracoli che prediceva il futuro degli uomini è raffigurato come un giovane uomo dal fisico tonico ancora in tensione dopo lo sforzo di uccidere il drago, lo sguardo che scorre lungo il braccio teso fino alla mano che stringeva l’arco, da cui ha scoccato la freccia mortale. I capelli sono raccolti da una fascia ornamentale, simbolo d’appartenenza al mondo delle divinità, con il mantello che dalle spalle scende sulle braccia.

Dopo un lungo periodo di quasi oblio, dalla metà del XVIII secolo, la statua fu indicata come modello assoluto di perfezione estetica e capolavoro dell’arte mondiale grazie al Winckelman.