La piramide Cestia
La piramide Cestia è un monumento funebre romano di stile Egizio, costruito tra il 18 e il 12 A.C. Situata all’inizio della via Ostiense, all’epoca in cui venne eretta si trovava al di fuori del centro abitato della città romana, luogo tradizionalmente delegato alle sepolture, come già la via Appia.
Secoli dopo, la tomba di Cestio fu inglobata nella nuova cinta muraria delle Mura Aureliane come è ancora oggi visibile e nelle strette vicinanze fu poi eretto il cimitero Acattolico e successivamente venne collegata anche al cimitero acattolico.
Il personaggio che fece costruire la sua tomba in forma di piramide era stato Caio Cestio Epulone, pretore e tribuno della plebe, membro del Collegio religioso dei Septemviri Epulones (collegio dei sette uomini che servono i pasti), magistrati che avevano il compito di organizzare banchetti sacri per le più importanti divinità, come riportato in una delle iscrizioni sulla facciata.
Le costruzioni funerarie in forma di piramide furono realizzate a Roma, come emulazione delle piramidi egiziane, dopo la conquista dell’Egitto nel 31 A.C. da parte di Ottaviano Augusto e la morte di Cleopatra. Ve ne erano diverse, in via della Conciliazione e due in corrispondenza delle due chiese gemelle di Piazza del Popolo andate perdute.
La struttura è alta circa 36 metri su una base quadrata di 30 metri per lato. Il rivestimento esterno è costituito da lastre di marmo lunense ed è circondata da un recinto di blocchi di tufo, e da quattro colonne in corrispondenza dei quattro angoli della Piramide, oggi in disponibilità dei Musei Capitolini. La camera sepolcrale, di circa 23 metri quadrati, ha una volta a botte, è dipinta di bianco, secondo uno schema a pannelli, e decorata da raffinati affreschi con figure di ninfe e Vittorie alate che hanno tra le mani una corona e un nastro. Secondo l’uso egizio fu murata dopo la sepoltura di Caio e si ritiene che probabilmente nel medioevo avvenne la prima profanazione della tomba, attraverso un cunicolo scavato sul lato settentrionale, che ha determinato la perdita dell’urna cineraria e di porzioni notevoli della decorazione.