Sydney Morgan (1781-1859)
Spesso ricordata più per la sua personalità e il suo attivismo che per i suoi libri di successo, una delle figure più vivaci e discusse della sua generazione.
Una delle figure più vivaci e discusse della sua generazione, Sydney Owenson Morgan è spesso ricordata più per la sua personalità e il suo attivismo che per i suoi libri di successo. Nel corso della sua carriera, si è distinta per aver difeso sia l’emancipazione dell’Irlanda sia i diritti delle donne. Il suo eclettismo letterario è evidente dalla varietà di generi che ha esplorato, spaziando dal romanzo alla poesia, al teatro, alla letteratura di viaggio, al saggio storico-artistico e all’autobiografia. La sua vita e le sue opere hanno lasciato un segno significativo nell’ambito letterario e politico dell’epoca.
Sydney Owenson, conosciuta anche come Lady Morgan, nasce a Dublino il 25 dicembre 1781, il padre ha origini irlandesi mentre la madre è inglese. L’educazione della ragazza viene inizialmente affidata a Thomas Dermoby, un poeta irlandese che le trasmette tutta la sua passione per la letteratura, il folclore e la musica popolare irlandese. Dopo la morte della madre, nel 1789, Sydney viene iscritta a una scuola privata, dove impara il francese, e continua la sua istruzione in una scuola di perfezionamento a Dublino. Questo percorso educativo, inusuale per una ragazza della sua epoca, influisce sulla sua formazione intellettuale e contribuisce a sviluppare il suo interesse nel campo della letteratura.
Il suo esordio letterario avviene nel 1801 con la pubblicazione di un volume di poesie. Nel 1804, scrive il suo primo romanzo, “St. Clair”, un’opera epistolare che riflette l’influenza dei grandi scrittori europei dell’epoca, come Goethe e Rousseau. Tuttavia è con il romanzo “The Wild Irish Girl” (1806) che Sydney Owenson Morgan afferma la sua posizione nella scena letteraria. Quest’opera introduce il tema della rivendicazione nazionale attraverso il punto di vista di un personaggio femminile, Glorvina, che esalta la bellezza dell’Irlanda e la sua cultura. Il libro ha contribuito a definire un nuovo genere di narrativa irlandese, la “favola nazionale.”
Successivamente, si dedica a una vasta gamma di opere, inclusi romanzi storici come “The Novice of St. Dominick” (1806), lavori teatrali come “The First Attempt, or, The Whim of a Moment” (1807), raccolte di versi come “The Lay of an Irish Harp” e opere impegnate socialmente come “Woman, or, Ida of Athens” (1809) che affrontavano la questione dei diritti delle donne. Nel 1811 scrive “The Missionary, An Indian Tale” un romanzo che affascina perfino Percy Bysshe Shelley e tratta il tema dell’amore transnazionale tra un uomo europeo e una donna indiana.
Nel 1812, Sydney Owenson sposa Thomas Charles Morgan, filosofo e chirurgo di nobili origini e la coppia si è stabilisce a Dublino, trasformando la loro casa in un salotto letterario e politico frequentato dalla classe politica inglese. Per la donna si apre un nuovo capitolo della sua vita, adesso può permettersi di viaggiare nel continente.
Nel frattempo non smette di scrivere: è del 1814 “O’Donnell, a National Tale”, un romanzo che è considerato uno dei suoi migliori lavori e che ha come protagoniste le classi più povere irlandesi, vittime del colonialismo britannico. Nel 1817, invece, pubblica “France”, un resoconto critico della Francia durante la restaurazione borbonica che attira l’attenzione di Lord Byron e più di qualche critica da parte di John Wilson Croker per le sue posizioni giacobine e licenziose.
Uno dei suoi lavori più noti, “Italy” (1821), è proprio il frutto di un viaggio compiuto con il marito in Italia fra il 1819 e il 1820, un reportage letterario che affronta questioni politiche ed ideologiche, difendendo l’indipendenza dell’Italia dal dominio austriaco. Il lavoro dimostra l’attenzione di Sydney Owenson Morgan ai temi della libertà e dei diritti delle donne, posizionando l’Italia in un contesto di lotta simile a quello dell’Irlanda. L’opera, tradotta anche in francese, suscita parecchie controversie nei territori austriaci a causa del suo contenuto anti-monarchico e anticuriale e viene addirittura messa all’indice nel Regno di Sardegna, nel Lombardo-Veneto e nello Stato Pontificio: nella descrizione degli itinerari, degli eventi e dei luoghi infatti è contenuto in realtà un duro atto d’accusa nei confronti delle politiche reazionarie della Restaurazione.
Definita “coraggiosa” dallo stesso Byron, Lady Morgan non si nasconde dietro la maschera della svagata viaggiatrice ma palesa subito il suo intento ideologico. Per la donna l’istituzione che più di ogni altra ha contribuito all’involuzione politica e culturale dell’Italia è la Chiesa e non ha paura di mettere in risalto le connivenze della Chiesa cattolica nel processo di restaurazione dei sistemi politici e dei sovrani che la Rivoluzione francese e le campagne napoleoniche avevano spazzato via. Il suo è lo sguardo di chi, condividendo i principi dell’età dei Lumi, rifiuta ogni forma di restaurato potere. Dalle sue umili origini irlandese deriva poi il profondo odio nei confronti della politica interna ed estera inglese, che la porta a sottolineare il ruolo svolto dalla Gran Bretagna nel processo di regressione del mondo occidentale.
Nel corso del suo itinerario in Italia, partito come era prassi nel Grand Tour dal passo del Moncenisio, ci sono continui rimandi alla situazione politica contingente, l’Italia per la donna è una grande prigione controllata dall’esercito austriaco. Non meno dura è la sua descrizione di Roma, i cui grandi monumenti come il Colosseo e la Domus Aurea diventano emblema di una inesorabile caducità, dramma di una civiltà i cui bagliori lontani sono stati soffocati da forze occulte. E altrettanto empio è il ritratto che la donna fa di Papa Pio VII, un uomo “fragile come una femmina, indifeso come un infante, consunto dal tempo e piegato dall’infermità. […] Gli calcano in testa la mitria, gli soffiano il naso, gli sciugano la bocca e ostentano l’immagine della divinità in tutta l’impotenza della sua stolida caducità.”
È tra le prime ad affrontare anche un altro tema molto delicato, quello della condizione femminile e lo fa prendendo in considerazione la situazione della donna italiana vittima di incredibili restrizioni imposte dalla politica oscurantista della Chiesa cattolica e dai suoi preti che incutono nelle donna il timore di apparire troppo colta, tanto che quelle che non vogliono rinunciare ai piaceri della letteratura sono costrette a leggere di nascosto.
Pur rispettando e seguendo il classico itinerario del Grand Tour, la scrittrice utilizza le tappe del proprio viaggio come occasione di denuncia politica in modo diretto ed esplicito. È consapevole inoltre che i viaggi stanno subendo un mutamento: hanno perso quasi del tutto quel fascino avventuroso che avevano un tempo. Anche i viaggiatori sono cambiati: appartengono a nuove classi sociali, si spostano in gruppo o in famiglia portandosi dietro tutti i loro pregiudizi. Lady Morgan osserva la scena con lo stesso atteggiamento distaccato di un antropologo o un sociologo.
Lady Sydney Morgan ha continuato a scrivere fino agli ultimi anni della sua vita, pubblicando opere come “The Book of the Boudoir” (1829), “Dramatic Scenes from Real Life” (1833), “The Princess” (1835), “The Book without a Name” (1841) e “Passages from my Autobiography” (1859).
Prima della sua morte, ha scritto anche le sue memorie, pubblicate postume da Geraldine Jewsbury e William Hepworth Dixon nel 1862. Sydney Morgan è stata sepolta nel cimitero di Brompton a Londra, lasciando un segno indelebile nella storia della letteratura irlandese e nella lotta per la libertà, l’indipendenza e i diritti delle donne.