Villa Adriana
Villa Adriana è uno dei siti archeologici più straordinari e meglio conservati dell'antica Roma.
Questa straordinaria residenza imperiale situata nei pressi di Tivoli fu commissionata dall’imperatore Adriano nel periodo tra il 117 e il 138 d.C.. È considerata un capolavoro dell’architettura romana e un’importante testimonianza dell’ingegnosità e della ricchezza della Roma antica.
L’area oggi identificata come parte della Villa Adriana occupa una superficie di circa 120 ettari, un’estensione straordinaria per un complesso di proprietà imperiale e non è del tutto certo che la delimitazione attuale includa l’intero territorio originale. Si tratta di un vasto complesso edilizio sviluppatosi gradualmente, a pochi chilometri dal centro di Tibur (l’antico nome di Tivoli) e a 17 miglia romane (circa 28 km) da Roma. Era facilmente accessibile sia tramite la Via Tiburtina Valeria sia tramite la Via Prenestina, e poteva anche essere raggiunta attraverso la navigazione sul fiume Aniene.
Il sito scelto per la costruzione era particolarmente ricco di risorse idriche e attraversato da quattro antichi acquedotti che rifornivano Roma (l’Anio Vetus, l’Anio Novus, l’Aqua Marcia e l’Aqua Claudia). Vicino alla villa si trovava anche una sorgente di acqua sulfurea conosciuta come le Acque Albule (Bagni di Tivoli), che era particolarmente apprezzata dall’imperatore. Inoltre erano presenti numerose cave di materiali da costruzione, come travertino, tufo e calcare, utilizzati per la produzione di calce.
La villa ha radici antiche, con un primo nucleo costruito durante il periodo sillano e successivamente ampliato all’epoca di Giulio Cesare. Questo nucleo iniziale, forse appartenente alla moglie di Adriano, Vibia Sabina, di nobiltà italica, fu poi incorporato nel Palazzo imperiale.
L’analisi dei sistemi di canalizzazione e delle fognature suggerisce che la progettazione della villa fosse unitaria, anche se sono emerse tre fasi di costruzione particolarmente rilevanti tra il 118-121, il 125-128 e il 134-138. Adriano però poté godere della villa solo negli ultimi anni della sua vita, dopo il suo ritorno a Roma nei primi mesi del 134 e fino alla sua morte avvenuta il 10 luglio 138.
La complessità della struttura, oltre a riflettere le diverse sfaccettature della personalità di Adriano, è dovuta alla necessità di soddisfare diverse funzioni: di residenza, di rappresentanza e di servizio. Si narra che l’Imperatore abbia cercato di ricreare nella sua villa i luoghi e i monumenti che lo avevano colpito durante i suoi viaggi nelle province dell’impero. Tuttavia, la magnificenza e l’articolazione delle costruzioni presentano caratteristiche architettoniche innovative e le riproduzioni dei monumenti greci ed egizi da parte di Adriano devono essere considerate più come suggestioni evocative che come ricostruzioni fedeli.
Dopo la morte di Adriano, la villa ha continuato a essere utilizzata, come testimoniano i mattoni marcati relativi a lavori di restauro, almeno fino al III secolo. Successivamente, è stata gradualmente abbandonata e nel periodo medievale è stata trasformata in terreno agricolo e sfruttata come cava di materiali di pregio, tra cui marmi, mosaici e decorazioni e per l’estrazione di calce. Le rovine furono successivamente saccheggiate dalla classe dirigente di Roma durante il periodo papale.
A partire dalla fine del XV secolo, l’interesse per la villa cresce nuovamente tra umanisti, mecenati, papi, cardinali e nobili. Questo interesse, per la maggior parte delle volte, era rivolto alla ricerca di statue e marmi. Ci sono stati diversi scavi promossi da papa Alessandro VI Borgia, dal cardinale Alessandro Farnese e dal cardinale Ippolito II d’Este, che da qui ha prelevato un’ampia quantità di materiali destinati sia alla villa di Tivoli che a quella di Roma.
La villa riscoperta ha inoltre attirato l’interesse di architetti come Antonio da Sangallo il Vecchio e Francesco Borromini, e di artisti come Piranesi. Tra il XVI e il XIX secolo si sono intensificati gli scavi, anche da parte dei proprietari terrieri della zona. Le oltre 300 opere significative ritrovate, tra cui ritratti, statue, rilievi, sculture e mosaici, sono state disperse tra collezioni private e musei di tutta Europa.
Nel 1870 lo Stato ha acquisito il complesso dalla famiglia Braschi, che all’epoca era la principale proprietaria del terreno (sebbene alcune parti siano ancora di proprietà privata). Successivamente, sono stati avviati altri scavi e restauri che hanno riportato alla luce l’imponente architettura degli edifici, gli stucchi e i mosaici sopravvissuti, ma l’esplorazione completa del sito è ancora in corso.
Nel 1999, Villa Adriana è stata riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO con la seguente motivazione: “La Villa Adriana è un capolavoro che unisce in modo unico le forme più elevate di espressione delle culture materiali dell’antico mondo mediterraneo. Lo studio dei monumenti che compongono la Villa Adriana ha svolto un ruolo decisivo nella scoperta degli elementi dell’architettura classica da parte degli architetti del Rinascimento e del Barocco. Essa ha anche influenzato profondamente numerosi architetti e disegnatori del XIX e XX secolo.”
Villa Adriana rappresenta la visione assolutistica di Adriano e la sua volontà di separarsi dal popolo e dai sudditi. La costruzione infatti era in realtà una città in sé, divisa in diverse aree con caratteristiche distinte.
Il Complesso del Pecile, una fedele ricostruzione della Stoà Pecile dell’agorà di Atene. Si tratta di una vasta piazza colonnata, di forma quadrangolare, adornata al centro da una grande vasca e circondata da un portico. Questa zona ospitava gli alloggi delle guardie, del personale amministrativo e dei servitori, ed era accessibile attraverso una serie di edifici termali che conducevano al Canopo.
Il Canopo che ricorda la forma di un braccio del fiume Nilo con il suo delta, che collegava la città di Canopo con Alessandria e probabile rievocazione simbolica del viaggio di Adriano in Egitto, da cui l’imperatore aveva riportato numerosi materiali e statue. Un elegante colonnato circonda la piscina-canale, con copie di rinomate statue greche, tra cui le cariatidi. Queste statue erano disposte in modo da guardare verso la piscina, creando riflessi suggestivi sulla superficie dell’acqua. Alla fine della vasca, si trova una grande esedra che ospitava il triclinio imperiale, all’interno del quale si trovava uno stibadium, un letto triclinare utilizzato per i banchetti. Questi banchetti erano resi particolarmente spettacolari grazie ad effetti dell’acqua e zampilli che circondavano gli ospiti.
Il Palazzo Imperiale che ha avuto origine dai resti della villa Repubblicana che Adriano aveva ereditato dalla moglie Vibia Sabina. Era il cuore della residenza e serviva da dimora principale per Adriano e la sua corte. Purtroppo, oggi rimangono solo alcune colonne e pochi frammenti della struttura originale.
La Piazza d’Oro un complesso circondato da un colonnato e caratterizzato da una grande vasca rettangolare che attraversava il centro della spianata dei giardini. A un’estremità della vasca sorgeva un imponente edificio a pianta centrale ottagonale sovrastato da una cupola che presentava ambienti con forme variabili, convessi e concavi, che creavano effetti visivi notevoli. Le colonne, realizzate in marmo cipollino e granito egiziano, circondavano la vasca e creavano un’atmosfera di grande magnificenza. Alla fine del colonnato, sul lato nord, si trovano i resti della Casa Colonica, un’antica struttura con pavimenti a mosaico destinata ai servitori. In quest’area sono stati ritrovati ritratti imperiali di Vibia Sabina, Marco Aurelio e Caracalla.
Il Teatro Marittimo, una delle prime strutture costruite all’interno della villa, è stato persino interpretato come la primissima residenza temporanea di Adriano in questo sito. La costruzione del Teatro Marittimo ebbe inizio nel 118. Il complesso è piuttosto inusuale, composto da un solo piano e molto diverso dalla tipica struttura di un teatro romano. Non rimane nulla del pronao, ma si possono ancora individuare la soglia dell’atrio e tracce di mosaici sul pavimento. All’interno, presenta un portico circolare con colonne ioniche e volta. Il portico si affaccia su un canale al centro del quale sorge un isolotto con un diametro di 45 metri. Questo isolotto include un atrio, un portico allineato con l’ingresso principale, un piccolo giardino, un complesso termale di dimensioni minori, vari ambienti e latrine. Un elemento di interesse è l’assenza di un ponte in muratura che connetta l’isolotto al mondo esterno, era quindi necessario utilizzare un ponte mobile per accedervi.
In asse con la valle del Canopo sono presenti i resti di due complessi termali distinti, noti come le Piccole Terme e le Grandi Terme, la cui diversità di dimensioni suggerisce destinazioni differenti. Le prime erano probabilmente riservate a ospiti di alto rango e membri della famiglia imperiale, poiché sono decorate con grande opulenza e raffinatezza. Al contrario, le seconde sembrano essere state utilizzate dal personale della Villa. Accanto a questi stabilimenti termali, vi sono altri edifici, inclusi spazi che probabilmente servivano come alloggio per la guardia imperiale (chiamati Pretorio) o per il personale della Villa.
Nel 2003 furono scoperti i resti di quello che successivamente fu identificato come un luogo di culto dedicato ad Antinoo, l’amante dell’imperatore divinizzato dopo la sua prematura morte. La struttura, chiamata appunto Antinoeion, comprende il basamento di due templi situati all’interno di un recinto sacro con un’esedra nella parte posteriore. Tra i due templi, si trova il basamento dell’Obelisco del Pincio, che potrebbe indicare il sito di sepoltura dell’amante di Adriano. All’interno del complesso sono stati scoperti frammenti di statue in marmo nero, raffiguranti divinità egizie, confermando che questo luogo era dedicato al culto del dio Osiride-Antinoo.
La Sala dei Filosofi, una sala intermedia tra la Piazza del Pecile e il Teatro Marittimo. Era utilizzata per incontri con figure politiche di grande importanza ed era rivestita con marmo rosso, che sottolineava la maestosità dell’imperatore. Sul muro erano presenti sette nicchie, presumibilmente adibite a raffigurare sette filosofi o personalità di spicco.
Gli Hospitalia, luoghi destinati all’alloggio dei soldati romani di guardia. Ogni camera poteva ospitare tre soldati ed era arredata con armadi e cassetti alle pareti. I pavimenti erano decorati con mosaici e le pareti presentavano semplici stucchi. Un’ampia scala permetteva di accedere al piano superiore, dove si trovavano ulteriori stanze.
Il Teatro Greco, un anfiteatro all’aperto con pochi resti dei gradini e della cavea. In origine, doveva essere rivestito di marmo e, nonostante il nome, le sue caratteristiche lo avvicinano più a un teatro romano, essendo di forma circolare invece che ellittica. Era utilizzato per spettacoli privati.
L’Accademia, una serie di edifici situati al di fuori dell’area di accesso pubblico e non aperti ai visitatori. Queste strutture sono di proprietà della famiglia Bulgarini, che le abita sin dal Seicento, consentendo l’accesso solo agli studiosi.
La villa era anche dotata di un vasto sistema di percorsi sotterranei, alcuni dei quali recentemente scoperti, che consentivano al personale di spostarsi tra gli ambienti e di trasportare rifornimenti senza disturbare l’imperatore o gli ospiti. Alcune di queste vie erano accessibili anche ai carri.