Villa d’Este

Villa d’Este a Tivoli è una residenza storica e uno degli esempi più raffinati dell’architettura rinascimentale.

Villa d'EsteFamosa per i suoi meravigliosi giardini, ricchi di fontane e bacini ornamentali, il cui progetto innovativo la rende un esemplare unico e modello per lo sviluppo di altre ville in Europa. Non a caso nel 2001 è stata nominata tra i siti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO ed ogni anno ospita migliaia di visitatori. Insieme a Villa Adriana e Villa Gregoriana, fa parte del complesso di ville a Tivoli.
La villa prende vita per desiderio del cardinale Ippolito d’Este, figlio di Alfonso I e Lucrezia Borgia, nato a Ferrara nel 1509 e morto a Roma nel 1572 e sorge su un terreno che già ospitava una villa romana in epoche antiche.
La sua costruzione è strettamente legata alle vicissitudini del suo primo proprietario. Papa Giulio III del Monte, per ringraziare il cardinale d’Este del fondamentale sostegno nella sua elezione al papato nel 1550, lo nominò governatore a vita di Tivoli e del suo territorio. Quando il cardinale arrivò a Tivoli fu accolto con una grande cerimonia, scoprì presto, però, che la residenza a lui destinata era in realtà un vecchio e scomodo convento annesso alla chiesa di Santa Maria Maggiore, costruito secoli prima dai benedettini e ora tenuto dai francescani. Il cardinale desiderava molto di più, abituato com’era a stili di vita più sontuosi a Ferrara e a Roma. Inoltre, essendo un appassionato studioso delle antichità romane, restò affascinato dai diversi reperti archeologici presenti nella zona. Decise quindi di trasformare il convento in una villa, che doveva essere la controparte del grandioso palazzo che stava costruendo contemporaneamente a Roma, a Monte Giordano. Mentre il palazzo romano doveva servire per le occasioni “ufficiali” nella città, la villa di Tivoli doveva essere un luogo per incontri e discussioni più piacevoli e rilassate.
I lavori di costruzione furono affidati all’architetto Pirro Ligorio, coadiuvato da un gran numero di artisti e artigiani. Nonostante il progetto fin da subito monumentale, La sua realizzazione del progetto, fin da subito monumentale, proseguì però a rilento per diverse vicissitudini. Ippolito II d’Este infatti fu destituito a causa dei cattivi rapporti con papa Paolo IV Carafa e ripristinato all’incarico solo cinque anni dopo da papa Pio IV. Il recupero dei materiali da costruzione si rivelò problematico, poiché il permesso per utilizzare il travertino prelevato dalla tomba di Cecilia Metella, che era stato inizialmente concesso dal Senato di Roma, fu successivamente revocato e l’operazione di acquisto dei terreni da due chiese appartenenti a ordini diversi durò fino al 1566. Per quanto riguarda il parco, furono numerosi gli sforzi per convogliare direttamente l’acqua proveniente dal fiume Aniene, con lo scopo di realizzare numerose fontane e abbellire i giardini.
A causa di tutti questi ritardi il cardinale Ippolito d’Este ebbe solo il tempo di godersi l’inaugurazione solenne della villa nel settembre del 1572, morì infatti il 2 dicembre dello stesso anno.
I proprietari successivi furono altri tre cardinali d’Este che governarono Tivoli: il committente Ippolito II, suo nipote Luigi fino al 1586 e infine Alessandro, fino al 1624. Alessandro riuscì a mantenere la proprietà diretta della villa per la famiglia d’Este, anche quando la famiglia non fu più rappresentata nel collegio cardinalizio. Realizzò lavori di manutenzione e aggiunse decorazioni alla villa.
In seguito, la villa e le sue strutture passarono sotto il controllo degli Asburgo e subirono un periodo di abbandono, durante il quale le collezioni archeologiche furono disperse. Tuttavia, a metà dell’Ottocento, il cardinale Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst si innamorò della villa, la restaurò e la utilizzò come luogo di attività artistiche e mondane fino alla sua morte nel 1896.
L’ultimo proprietario privato della villa fu l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, erede al trono dell’Impero austro-ungarico. Aveva intenzione di venderla allo Stato italiano per due milioni di lire dell’epoca, ma l’assassinio dell’arciduca a Sarajevo nel 1914 pose fine alle trattative, liberando l’Italia da questa “noiosa faccenda”, come disse l’allora ministro degli esteri italiano Marchese Antonino di San Giuliano al primo ministro Antonio Salandra.
Nel 1918, dopo la prima guerra mondiale, la villa passò sotto il controllo dello Stato italiano, che intraprese importanti lavori di restauro negli anni ’20 e ’30, aprendola al pubblico. Dopo la seconda guerra mondiale, furono effettuati ulteriori restauri per riparare i danni causati dalle bombe durante il conflitto.
Il complesso di Villa d’Este, che include sia il palazzo che i giardini, occupa una superficie di 4,5 ettari ed è configurato come un quadrilatero. La pianta della villa presenta una disposizione irregolare poiché fu modellata su quella di una villa romana preesistente e doveva inglobare anche alcune sezioni di un edificio monastico. L’architettura del palazzo, pur apparendo sobria quando osservata dall’esterno dei giardini, presenta un corpo principale lungo di tre piani che è decorato con cornici, file di finestre e padiglioni laterali. La facciata è interrotta da una raffinata loggia centrale, composta da due livelli e rampe di scale, progettata da Raffaello da Firenze e realizzata nel biennio 1566-67. Le stanze principali della villa sono disposte su due piani e si affacciano direttamente sul giardino. Il piano nobile fu decorato e dipinto da un nutrito gruppo di artisti sotto la direzione di Livio Agresti da Forlì, pittore rinascimentale tra i maggiori esponenti del manierismo. L’appartamento inferiore ospita il Salone noto ora come “della Fontanina” o “del Concilio degli Dei”, nome dovuto all’affresco sul soffitto. In precedenza, negli anni ’50, questo spazio era chiamato “Sala di passaggio.” Su una parete orientale di questa sala, si trova un affresco che rappresenta il progetto originale della villa, ancora in costruzione, risalente a circa il 1568. Scendendo ulteriormente si trova la grotta di Diana, completamente decorata con mosaici di pietre, stucchi ad alto e bassorilievo e decorazioni in smalto. Le statue che adornavano la grotta raffiguravano due Amazzoni, Minerva e Diana cacciatrice e sono ora conservate al Museo Capitolino.
Il giardino, la cui forma ricorda quella di un anfiteatro, si sviluppa dalla parte posteriore della villa rispetto all’attuale ingresso del palazzo. È strutturato in terrazze e pendii, con un asse centrale longitudinale e cinque assi trasversali principali. Questa peculiare struttura geometrica è unica, poiché ogni linea immaginaria corrispondente a uno degli assi termina in una delle principali fontane del giardino, tra cui la Fontana del Bicchierone, la Fontana di Europa, la Fontana del Pegaso, le Cento Fontane e la Fontana dell’Ovato. Ogni asse rappresenta simbolicamente un fiume, e le fontane sono ornate con sculture mitologiche. Pirro Ligorio affrontò una notevole mole di lavoro. Utilizzò le antiche mura urbane come supporto per creare le terrazze del giardino e risolse il problema del rifornimento d’acqua necessario per far funzionare tutte le fontane. A tal fine, costruì un sistema di condutture sotterranee e una galleria lunga circa seicento metri sotto la città di Tivoli, che trasportava l’acqua direttamente dall’Aniene fino a una grande vasca. Tutte le fontane erano alimentate senza l’uso di meccanismi, ma sfruttavano la pressione naturale e il principio dei vasi comunicanti. L’aspetto attuale del giardino comprende un’area complessiva di 35.000 metri quadrati, con 250 getti d’acqua, 60 piscine, 255 cascate, 100 vasche, 50 fontane, 20 esedre e terrazze, 300 paratoie, 30.000 piante a rotazione stagionale, 150 alberi secolari ad alto fusto, 15.000 piante e alberi ornamentali perenni, 9.000 metri quadrati di viali, vialetti e rampe.
Sono molte le fontane di Villa d’Este che in qualche modo hanno saputo stupire per la propria unicità. La Fontana del Bicchierone, aggiunta nel 1661 da Gian Lorenzo Bernini, rappresenta un calice dentellato (il ‘Bicchierone’ per l’appunto) sovrapposto ad un altro simile, entrambi sorretti da una grande conchiglia. La Fontana di Europa presenta un arco di trionfo con colonne doriche e corinzie, mentre la Fontana del Pegaso è caratterizzata da una vasca circolare, al centro della quale si trova una grande roccia, sulla quale trionfa la statua del mitico cavallo alato. Le Cento Fontane progettate da Pirro Ligorio, fiancheggiano un viale lungo cento metri. I tre piccoli corsi d’acqua paralleli, che si formano per l’alimentazione degli zampilli, rappresentano allegoricamente i fiumi Albuneo, Aniene ed Ercolaneo. I cento zampilli sono organizzati in due file sovrapposte di mascheroni dalle forme antropomorfe, mentre sovrastano il canale più alto, zampilli generati e alternati da sculture di gigli, obelischi, navicelle ed aquile estensi, simboli cari al cardinale. La Fontana dell’Ovato, detta anche “Regina delle fontane”, ha una forma ad esedra ovale con al centro la grande vasca nella quale finiscono tutte le acque cadenti e zampillanti della fontana. È ornata con rocce e massi che creano una scenografia montuosa che anticipa il barocco. Chiude la parte scenografica rupestre una balaustra marmorea, che si apre nella parte centrale e da cui si forma una sorta di cascata a cupola, a cui fa da sfondo la costruzione sottostante di un ninfeo curvilineo. La Fontana dei Draghi è situata più in basso rispetto all’asse principale del giardino ed è il fulcro del parco. Fu ideata da Pirro Ligorio e, secondo la leggenda, fu costruita in una sola notte nel 1572 come omaggio al Papa Gregorio XIII, che aveva draghi alati nello stemma della sua famiglia, i Boncompagni. La fontana è composta da quattro draghi spaventosi che sputano zampilli d’acqua in cerchio, con un grande getto centrale. Una doppia scalinata collega armoniosamente la fontana ai diversi livelli del giardino. La Rometta è situata alla fine del viale delle Cento Fontane ed è un belvedere che offre una vista sulla pianura romana. Questa fontana è composta da una serie di vasche e zampilli con al centro la rappresentazione di Roma in trono, scenograficamente incorniciata dalla citazione dei monumenti più rappresentativi. Fu progettata da Pirro Ligorio e forse anche da Ippolito II, e costruita nel 1570. La Fontana di Proserpina è stata ideata come sala da pranzo all’aperto ed è progettata per bilanciare i due diversi livelli del giardino. Presenta un ninfeo centrale e due nicchie laterali, con colonne tortili avvolte da tralci di vite in stucco. Inizialmente doveva essere chiamata “fontana degli imperatori” e avere statue di Cesare, Augusto, Traiano e Adriano, ma queste non furono mai realizzate. Nel XVII secolo, furono sostituite da un gruppo in stucco che rappresenta Plutone che rapisce Persefone su un carro a forma di conchiglia trainato da cavalli. La Fontana della Civetta, costruita nel 1596 da Raffaello Sangallo su progetto di Giovanni Del Duca, è nota per un complicato meccanismo idraulico che faceva apparire uccelli metallici sui rami di bronzo, emettendo suoni simili a cinguettii, e una civetta che col suo canto ingrato, impauriva gli uccelli e smorzava il loro canto. Gran parte di questi meccanismi è andata perduta nel tempo, ma recenti restauri hanno cercato di ricreare almeno in parte il meccanismo originale. Al centro della fontana, scorre un getto d’acqua che crea cascatelle su due livelli. La Fontana dell’Organo idraulico prende il nome da un complesso meccanismo che, grazie al flusso d’acqua, produceva melodie simili a quelle di un organo. Costruita tra il 1568 e il 1611, presenta una facciata decorata con motivi floreali, sirene, simboli araldici e vittorie alate e quattro colossali telamoni che sostengono un pseudo-arco, con statue di Apollo e Diana nelle nicchie laterali. Successivamente, il cardinale Alessandro d’Este aggiunse un piccolo tempio progettato da Bernini per proteggere l’organo idraulico. La Fontana di Nettuno, realizzata nel 1927 da Attilio Rossi in collaborazione con Emo Salvati, è la più imponente della villa. Questa fontana è stata realizzata restaurando la precedente cascata del Bernini fortemente degradata da due secoli circa di abbandono, e riorganizzando i vari livelli. La nuova versione è un esempio di armoniosa composizione, con un progressivo aumento dell’intensità degli zampilli dalla base verso l’alto. Le Peschiere sono tre grandi bacini rettangolari posti davanti alla Fontana di Nettuno. Erano utilizzati per allevare pesci d’acqua dolce per il piacere dei visitatori che potevano anche dilettarsi nella pesca e godere a tavola dei piaceri ittici. Vicino alle Peschiere, c’erano infatti chioschi per il riposo dei visitatori e per conservare le attrezzature di pesca. La Fontana di Arianna si trova al centro della terrazza panoramica e prende il nome dalla statua di Arianna dormiente che un tempo era situata nella sua nicchia centrale. Le Fontane rustiche, conosciute anche come “delle Mete”, si trovano nella parte bassa del giardino e raffigurano la Fontana della Meta Sudans a Roma, tra l’Arco di Costantino e il Colosseo. Comprendono tre massi circolari sovrapposti con zampilli in cima. La Fontana dell’Abbondanza o Fontana della Madre Natura si trova vicino al muro di cinta settentrionale del giardino. Presenta una copia in travertino della Diana di Efeso, che simboleggia la fecondità della natura. Le Fontane della Rotonda dei Cipressi sono quattro fontane basse con zampilli calmi, disposte a cerchio nella Rotonda dei Cipressi, con triplici bacini in travertino.