Villa Farnesina
La Villa Farnesina fu fatta costruire a partire dal 1506 dal banchiere senese Agostino Chigi (1465-1520) come sua dimora romana, non lontana da S. Pietro dove era stato inviato dalla famiglia come banchiere del Papa Leone X, al secolo Giovanni dei Medici, con cui i Chigi avevano importanti relazioni.
I lavori furono commissionati al celebre architetto Baldassarre Peruzzi in stile classico con giardini all’italiana, con decorazioni di grande pregio affidate oltre che al Peruzzi stesso, a Raffaello, a Sebastiano del Piombo, e a Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, con affreschi ispirati ai miti classici.
Oggi sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Villa Farnesina resta uno scrigno d’arte e di storia che affascina tutti i visitatori di Roma.
Nel 1511 la villa era stata completata, e in parte decorata, e Agostino Chigi chiamato “il magnifico” viveva qui la sua splendida vita di mecenate del Rinascimento tra ricchezze e onori, protettore di artisti e amico di principi e cardinali che amava ricevere nella sua dimora.
Si narra che i banchetti imbanditi nella villa fossero serviti in piatti d’oro e consumati con posate d’argento, gli avanzi venivano poi gettati nel Tevere prospiciente la villa, dove, sempre secondo la leggenda, delle reti nascoste nell’acqua raccoglievano i preziosi utensili che venivano restituiti al proprietario.
Dopo i fasti di Agostino, durante il sacco di Roma la villa divenne bivacco dei Lanzichenecchi e andò in rovina. Alla fine del ‘500 fu acquistata dal Cardinale Alessandro Farnese, da cui viene il nome di Farnesina, per distinguerla dal Palazzo Farnese, al di là del fiume. La villa passò poi ai Borbone, poi in enfiteusi al Duca di Ripalta e infine fu acquistata dallo Stato italiano come sede dell’Accademia d’Italia.
Al pian terreno la Stanza del Fregio di Baldassarre Peruzzi, locale destinato a sala d’attesa per gli ospiti ma anche per cerimonie importanti, dà l’inizio al grande ciclo di affreschi. Nel fregio l’artista senese riprodusse le dodici fatiche di Ercole e altre imprese dell’eroe, con evidente allusione allegorica alle virtù del suo committente, il ratto di Europa, Apollo e Marsia, Orfeo e Euridice.
Segue la Loggia di Galatea a cui lavorò lo stesso Peruzzi, ma anche il giovane Sebastiano dal Piombo e Raffaello. La Loggia è un insieme di decorazioni ad affresco su muri e nelle lunette appositamente ricavate. Negli affreschi delle nove lunette, Sebastiano realizzò scene tratte delle Metamorfosi di Ovidio, per poi affrescare su una parete una grande figura di Polifemo, lo sfortunato innamorato della ninfa Galatea, originariamente nudo e poi rivestito per decenza da una vestina azzurra. Raffaello, invece si occupò di uno dei campi parietali con la figura di Galatea, la leggiadra ninfa sorpresa mentre si allontana dal suo corteggiatore Polifemo su un cocchio tirato da delfini. La Galatea dipinta da Raffaello rappresenta l’apoteosi della ninfa, raffigurata mentre cavalca, statuaria, sul cocchio a forma di conchiglia trainata dai delfini e guidata dal fanciullo Palemone. Attorno a lei si dipana un festoso corteo di tritoni e nereidi, mentre alcuni amorini la sorvegliano dall’alto.
La Loggia di Amore e Psiche è tra le grandi opere d’ingegno di Raffaello e della sua scuola. Gli affreschi della favola di Apuleio Amore e Psiche cominciarono ad essere posti sui muri nel 1518, dopo che il Maestro aveva fatto inserire nel loggiato le attuali vetrate protettive. Tra meravigliosi festoni addobbati, il Maestro diede vita a una spettacolare narrazione continua, legata da una trama allusiva alle imminenti nozze del suo committente.
La volta della Loggia è decorata come a rappresentare l’ingresso in una pergola, come se le specie arboree del giardino, prolungandosi fino all’interno della Villa, si fossero trasformate in ricchi festoni. Al centro, coperti, sbucano due finti arazzi, il Convito degli Dei, in cui la fanciulla perseguitata viene infine accolta nel consesso divino, e le nozze di Amore e Psiche, culmine simbolico dell’intero ciclo.
Al primo piano della Villa si apre la vasta sala delle prospettive affrescata dal Peruzzi, uno dei primi esempi di prospettiva nella pittura. Essa rappresenta la continuazione ideale delle logge del pianterreno, attraverso il finto loggiato si scorgono vedute paesaggistiche, paesi arroccati, scorci di campagna, e nel fondo, contro il cielo luminoso, si vede la città con la Chiesa di Santo Spirito, una basilica romanica, la porta Settimiana.
Infine c’è la Sala delle Nozze, chiamata così in onore dell’affresco principale, che occupa tutta la parete nord, la sala era in origine la camera da letto di Agostino Chigi. Fu affrescata da Giovanni Antonio Bazzi, con scene della vita di Alessandro Magno in omaggio al committente. Fulcro della narrazione la scena delle nozze, con il condottiero macedone in atto di offrire la corona alla sua sposa la quale, attorniata da amorini, lo attende sul bordo di un sontuoso letto a baldacchino. Le altre scene mostrano la magnanimità di Alessandro nei confronti della madre, della moglie e delle figlie di re Dario, la doma del cavallo Bucefalo e il momento culminante di una battaglia.